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Un evento che fa star bene

La Maratona dles Dolomites

Pubblicato il 30.05.2025

Clap, clap, clap… Alle 6 e mezzo del mattino tutto torna silenzio e pace, natura e bici. Si sente soltanto il rumore delle scarpe che si agganciano ai pedali e via. Nessuno dice più una parola, la montagne che contengono l’Alta Badia come nel palmo di una mano tacciono. Sono lì ad ascoltare il fruscio delle ruote e il frinire dei freni.

C’è qualcosa di magico nella ritualità delle partenze. Per quella della Maratona Dles Dolomites qualcosa di più.

Erano 166 temerari per la prima edizione del 1987 e negli ultimi anni sono circa 9000, perché di più sarebbe troppo complicato. Ma sono oltre 30 mila quelli che bussano ogni anno alla porta della Maratona nella speranza di realizzare il sogno di un pettorale.

Le radici di questa corsa sono un po’ le stesse dei grandi eventi diventati iconici. Penso al primo Giro d’Italia o alla prima Maratona di New York. C’è sempre un gruppo di amici coraggiosi e visionari che si lancia nell’ iniziativa che all’inizio è più vicina a un sogno che a un progetto. Ma poi però lo diventa e lascia un segno su cui si costruisce la storia.

E la leggenda racconta che erano davvero 4 amici di Pedraces, quelli che nel 1987 lanciarono l’idea di una lunga pedalata tra Sella Ronda e dintorni per festeggiare i 10 anni della società ciclistica Alta Badia Raiffeisen. Il menu della prima edizione prevedeva un piatto unico di 175 chilometri con 7 passi dolomitici: Gardena, Sella, Fedaia, Duran, Forcella Staulanza, Falzarego e Valparola. Roba vera, da tappone storico del Giro d’Italia.

Si iscrivono in 166. Ne partono 145. Tra questi una sola donna, l’olandese Trui Beemsterboern. Per la cronaca vince l’austriaco Wolfgang Steinmayr che si presenta al traguardo di Pedraces dopo oltre dieci ore di fatica estrema per un cicloamatore. Nessuno degli organizzatori di allora e dei corridori, aveva la consapevolezza di aver partecipato ad un momento storico del ciclismo.

Quel 12 luglio 1987 è una pietra miliare e da lì si deve partire. Il passaparola tra gli amatori, la bellezza dei percorsi dolomitici e l’ intraprendenza degli organizzatori ne hanno fatto una cosa simbolo, la corsa più iconica del ciclismo non professionistico.

Il merito è anche, o soprattutto, di Michil Costa, che dal 1996 presiede il comitato organizzatore, e di Claudio Canins che sa mettere a terra i progetti centrando gli obiettivi.

Negli ultimi 30 anni la “Maratona”, ormai tutti la chiamano così perché in sintesi le rappresenta tutte, è cresciuta a livello internazionale e ha definito nei dettagli il suo profilo. Si disputa su tre percorsi: quello breve, pardon… “classico” con i 4 Passi del Sella Ronda (Campolongo, Pordoi, Sella e Gardena); quello medio a cui aggiungono un secondo Campolongo, il Falzarego, il Valparola e più recentemente anche il fatidico “Mur del Giat”; e quello lungo con il Giau a completare la scorpacciata di montagne.

I nomi delle salite dal Pordoi al Sella, dal Gardena al Falzarego ricordano la storia del grande ciclismo di Coppi e Bartali, Merckx e Gimondi, Indurain e Pantani… Ricordano la storia del Giro d’Italia.

Forse è anche questo che ex campioni come Indurain e Nibali, Bettini e Lelli sono tra i fedelissimi della Maratona. E negli anni hanno pedalato da semplici appassionati altro gigante del pedale come Wiggins e Cassani, Bugno e Museeuw.

E le strade sono quanto di più bello si possa chiedere per pedalare. Una sontuosa pista ciclabile in paradiso, senza auto e senza moto. Dio era particolarmente ispirato quando ha disegnato le Dolomiti, ma l’uomo nei millenni ci ha messo del suo lavorando la terra e curando i boschi fino a lì dove comincia la roccia. Non c’è luogo di montagna al mondo così ben pettinato. Così unico.

Capite perché anche i capitani d’azienda, i ministri e i personaggi più influenti scelgano la Maratona delle Dolomiti per mettersi alla prova e per sublimare la nobile fatica dello sport?

E tutti loro, atleti, imprenditori, o cicloamatori in genere ci tornano volentieri, anzi diventano di casa. E sapete perché? Perché in quei giorni di attesa e poi nella gara stessa provano sensazioni positive. Stanno bene.

E tutti noi siamo portati a reiterare le esperienze piacevoli, cerchiamo di tornare sui passi o sulle pedalate che ci hanno regalato emozioni. Per questo molto tornano ogni anno e si ritrovano con altri con condividono lo stesso approccio allo sport, e se volete… alla vita.

Ecco la Maratona dles Dolomites è prima tutto questo: un evento che fa star bene.

Pierbattista Bergonzi, detto Pier, è direttore del supplemento settimanale SportWeek. Oltre all'attività giornalistica, ha curato libri sul ciclismo e sullo sport in generale. Nel 2022 ha vinto il premio “Biagio Agnes” per l'intervista a Papa Francesco pubblicata su La Gazzetta dello Sport e SportWeek, l'unica intervista che un Papa abbia mai rilasciato a un giornalista sportivo.

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