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La grotta dell’orso
L'affascinante storia dell'orso delle caverne Ursus ladinicus
Le Dolomiti sono uno spettacolo indimenticabile, queste montagne non smettono mai di stupire, ogni volta come la prima, come imponenti giganti bianchi incantano e affascinano chi si ferma ad ammirarli. Con un po’ di immaginazione, sembra quasi di vedere ancora un’isola caraibica solitaria con una gigantesca creatura preistorica distesa al sole, un’immagine da cartolina con tanto di scritta “Tanti cari saluti dal paradiso”. Quando ci si trova su una cima dolomitica, o anche se dal fondo valle si osservano queste maestose formazioni rocciose, può sembrare incredibile, ma è vero, un tempo anche qui c’era un enorme rettile che si crogiolava al sole in un ambiente tropicale, su una spiaggia di sabbia bianca. Un tempo, in questo caso, significa più di 200 milioni di anni fa, e ambiente tropicale significa che, dove oggi si ergono le vette, spuntavano, dall’antico oceano Tetide, piccole isole paradisiache.
Sì, milioni di anni fa la regione dolomitica era mare. Era una spiaggia sabbiosa, un mondo sommerso che ospitava innumerevoli specie che ora ci mandano tanti saluti dal passato in forma di fossili. E non provate a dire che la roccia non è viva. Una pietra non si riproduce, non ha cellule e non metabolizza, ma non sono forse le storie e i ricordi a tenere in vita tutti gli esseri e le creature di questa terra? In ogni caso, le Dolomiti sono narratrici impareggiabili: dalle creature sottomarine ai rettili distesi al sole, sono innumerevoli le storie che si possono scoprire tra queste rocce e in questo speciale angolo della Terra. Una di queste racconta di leoni selvatici e orsi vegetariani.
La scoperta della Grotta delle Conturines
C'era una volta un noto albergatore di Corvara, Willy Costamoling, che in un’ordinaria mattina di settembre nel 1987, salì sotto la cima delle Conturines in cerca di fossili. I ladini, che hanno la fortuna di abitare negli stessi luoghi in cui un tempo i rettili preistorici si addormentavano al sole, sono profondamente consapevoli della storia che scorre all’interno delle Dolomiti e sono sempre alla ricerca di nuovi racconti e nuove scoperte. Quel giorno, Costamoling non trovò alcun fossile, ma scoprì l'ingresso di una grotta. Tornato a valle, il giorno successivo si recò nuovamente alla grotta – questa volta munito di corda e lampada – e vi entrò. Dopo aver percorso un centinaio di metri in un passaggio ripido e buio, Costamoling si imbatté in una stalattite che battezzò subito Vardian, che significa guardiano in ladino. Dietro questo guardiano, sul pavimento della grotta, giacevano migliaia di ossa. Dopo un attimo di stordimento per questa inaspettata scoperta, l’albergatore, ancora travolto dallo stupore, riempì lo zaino di ossa e le riportò a valle. Il caso volle che Costamoling incontrasse lo speleologo Gernot Rabeder, che identificò immediatamente le ossa come quelle di un orso delle caverne e l'anno successivo iniziò a scavare nella grotta con un gruppo di ricercatori dell'Università di Vienna. Per diversi anni, ogni estate sono state trovate e portate alla luce migliaia di ossa. La loro analisi e identificazione ha rivelato che si trattava delle ossa di un orso delle caverne, una nuova sottospecie di Ursus spelaeus. L'orso è stato chiamato Ursus spelaeus ladinicus – o Ursus ladinicus per gli amici – in onore dei ladini, custodi imperituri di queste terre.

Il Winnie-the-Pooh delle montagne
Le ricerche basate sulle ossa della grotta di Conturines hanno rivelato che l'Ursus ladinicus pesava ben 1.200 chilogrammi e raggiungeva i 2,6 metri di lunghezza. Inoltre, l'orso delle caverne era esclusivamente erbivoro, come tutti i suoi parenti. Per poter masticare bene il cibo vegetale, l'evoluzione gli ha fornito nel corso di migliaia di anni una dentatura adatta, con molari grandi e piatti e piccole cuspidi sulle corone dei denti. L'Ursus ladinicus li usava per triturare le piante che mangiava, pascolava lentamente e in modo tranquillo, come le mucche di oggi, nella fitta vegetazione di montagna. Il cibo preferito dall'orso era probabilmente costituito da piante e foglie morbide, poiché l'erba dura non sarebbe stata adatta ai suoi denti.
Ma l'Ursus ladinicus non era solo un compagno pacifico e amichevole quando si trattava di cibo, i resti di una sessantina di orsi delle caverne adulti e di molti cuccioli di orso trovati nella grotta di Conturines suggeriscono che la grotta serviva come residenza, isolata e tranquilla, per il letargo. L'orso delle caverne, da buon intenditore, conosceva il potere curativo del sonno e per questo cercava la grotta verso la fine dell'autunno e usciva dal suo letargo solo quando all'esterno iniziavano a crescre erbette deliziose. La grotta non era il posto dove l'Ursus ladinicus andava a morire, anzi, le femmine vi partorivano persino i loro piccoli durante l’inverno. Inoltre, questo antico animale non aveva problemi di genere e lo spazio era condiviso con tutti. A differenza di altre grotte, dove gli orsi maschi e femmine trascorrevano il letargo separatamente, nella grotta delle Conturines stavano tutti insieme, sotto lo stesso tetto. Le ossa rinvenute nella grotta appartengono probabilmente agli animali morti durante l'inverno per vecchiaia o malattia e si sono accumulate nel corso di diversi millenni nella residenza invernale degli orsi delle caverne.

Tempi caldi e cacciatori
Oltre alle numerose ossa di Ursus ladinicus, nella Grotta delle Conturines sono stati rinvenuti anche resti significativi di un leone delle caverne: parti di una mascella inferiore e frammenti di una mascella superiore con alcuni denti. Il leone delle caverne (Panthera spelaea) era diffuso tra 370.000 e 12.400 anni fa e non era raro nelle Dolomiti. L’impetuoso cacciatore era probabilmente il nemico numero uno dell'Ursus ladinicus, il che fa pensare che l’orso si ritirasse nella grotta non solo per svernare, ma anche per sfuggire al suo acerrimo nemico. Il leone infatti usava le grotte per cacciare e non come riparo.
L’immaginario collettivo associa oggi le luminose vette delle Dolomiti alla famosa Rupe dei Re del celebre film Disney Il Re Leone, ma anche così è difficile immaginare che questi magnifici predatori vivessero dove oggi corrono le piste da sci. Questo perché il clima, all'epoca dei leoni e degli orsi delle caverne, doveva essere molto più mite, persino più caldo di oggi. Altrimenti, sarebbe stato impossibile per l’Ursus ladinicus trovare piante ed erbe morbide a 2.700 metri d’altezza, l'attuale altitudine della Grotta di Contiruines.
Pitture rupestri in varie parti del mondo dimostrano l'esistenza del leone delle caverne circa 36.000 anni fa, contemporaneamente all'uomo di Neanderthal e ai primi esseri umani moderni. La datazione al radiocarbonio – uno dei metodi più importanti per determinare l'età del materiale organico – ha rivelato che le ossa di orso della Grotta di Conturines sono più vecchie di 50.000 anni. Questa è anche l'età massima che può essere determinata con questo metodo. Per il momento non è ancora chiaro quando orsi e leoni abbiano abitato l'attuale Ladinia. Proseguono anche le ricerche sulle condizioni e sui processi climatici dell'epoca, che potrebbero fornire informazioni sul futuro (climatico) delle Dolomiti. È inoltre incerto quando e perché l'Ursus ladinicus sia scomparso dalla scena di questo territorio. Quel che è certo, però, è che queste montagne uniche al mondo nascondono molte altre storie tra i loro sedimenti. Quella dell'Ursus ladinicus si può scoprire nell'omonimo museo di San Cassiano, dedicato proprio all'orso delle caverne preistorico. E se volete seguire le orme dell'orso sul terreno, è meglio avventurarsi nella grotta accompagnati da una guida.
Elisa Barison lavora come curatrice e pubblicista freelance. Ha studiato Storia dell'arte e giornalismo all'Università di Vienna e ha conseguito un MBA in Management culturale all'ICART di Parigi. Interessata all'interfaccia tra processi e spazi rurali e urbani, oltre a lavorare nel settore culturale attualmente produce vino e coltiva fiori con il suo compagno a Bressanone.